Marica Fasoli

di Ivan Quaroni

 

 


«La più alta categoria dell’intelletto immaginativo
è sempre eminentemente matematica»
(Edgar Allan Poe)

 

Nelle opere di Marica Fasoli la pratica pittorica iperrealista, che in passato ha caratterizzato la sua ricerca, sembra essere stata sostituita da un nuovo interesse per il campo delle espressioni aniconiche. Questo slittamento formale e linguistico è, in realtà, il risultato di una ritrovata sensibilità nei confronti dell’oggetto, anche se questo si offre allo sguardo dell’osservatore sotto forma di diagramma geometrico. Di recente, infatti, il tema iconografico che domina i suoi lavori è l’origami, termine che designa quegli oggetti tridimensionali ricavati dalla piegatura di un foglio di carta.
Questa antica arte, diffusa sia in Oriente che in Occidente, è diventata oggetto delle riflessioni dell’artista, che ha imparato a praticarla, trasformandola anche nel tema dominante dei suoi dipinti. Dell’origami, però, Marica Fasoli riprende non l’esito finale, il manufatto che può rappresentare un animale (vero o inventato che sia), ma la sua matrice, cioè il foglio di carta che, una volta disfatto l’origami, reca i segni delle piegature, cioè le tracce di tutti i complicati passaggi che hanno permesso di trasformare una superficie bidimensionale in un oggetto volumetrico.

Quando osserviamo un dipinto di Marica Fasoli, ciò che vediamo è un complesso diagramma di linee, minuziosamente lumeggiate, dettagliatamente riportate su tela come effetto di un processo di mimesi che si fa, allo stesso tempo, pratica spirituale. Come i mandala tibetani, che una volta costruiti vengono distrutti per ricordarci la caducità dell’esistenza, così gli origami di Marica Fasoli vengono svolti e dispiegati per mostrarci la matrice di cui sono fatti. Questi diagrammi conservano, infatti, la memoria del loro procedimento costruttivo, quella fitta trama di pieghe che è anche una sorta di enigmatico manuale d’istruzioni. Solo chi, come l’artista, sa costruire un origami, conosce la giusta sequenza delle piegature, l’arcano enigma (matematico e spirituale) che presiede alla sua creazione. Rappresentare pittoricamente il foglio di carta con le tracce di tale procedimento significa rappresentare l’origine stessa dell’atto creativo e, insieme, restituire nell’immagine di uno schema geometrico una pletora di complesse funzioni matematiche.

 

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Tuttavia, non è solo l’aspetto filosofico e spirituale di questa pratica a suscitare l’interesse di Marica Fasoli, ma anche l’enorme novero delle sue applicazioni in varie discipline, quelle che si possono riassumere nella sigla STEAM, acronimo di Science, Technology, Engineering, Art e Mathematics, un modello educativo interdisciplinare che affronta le materie scientifiche con l’approccio creativo delle arti. L’origami, infatti, non solo si è dimostrato uno strumento adatto allo sviluppo di una didattica inclusiva, basata sul Visual Learning e l’apprendimento pratico, ma è stato recentemente usato come modello per la progettazione di numerose tecnologie nei settori dell’architettura, dell’ingegneria aerospaziale, della robotica e della medicina. Tra i più strenui appassionati dell’origami spicca la figura di Robert J. Lang, fisico americano che ha lavorato per anni al Jet Propulsory Laboratory della NASA per poi abbandonare la ricerca scientifica e dedicarsi, come artista, a questa antica tecnica.
Secondo Lang, l’origami fornisce soluzioni a due tipi di problemi:

Il primo, quando vuoi creare una forma complessa da un materiale assimilabile a un foglio cercando di ridurre al minimo i tagli e gli incollaggi. Il secondo, quando la forma desiderata è, più o meno, simile a un foglio, ma vorresti farla diventare più piccola in una maniera controllabile e deterministica, per esempio nello stivaggio e nel trasporto.

A confermare l’estrema duttilità dell’origami nella risoluzione di problemi tecnici sono le recenti invenzioni nel campo della medicina, come ad esempio, Oriceps (Origami Inspired Surgical Forceps), minuscole pinze ricavate da una sottile lamina e impiegate nella chirurgia robotica, o l’Origami Stent di Zhong You e Kaori Kuribayashi, che rimane piegato quando attraversa i vasi sanguigni e si apre una volta raggiunta l’arteria ostruita. Per non parlare delle applicazioni nella produzione di pannelli fotovoltaici, degli airbag per le automobili e addirittura di un telescopio spaziale come l’Eyeglass, creato proprio con l’aiuto di Robert J. Lang, un oggetto che può piegarsi su sé stesso durante il viaggio e aprirsi a destinazione Per lo scrittore e filosofo spagnolo Miguel de Unamuno, l’origami è una scienza “in grado di aprire i più vasti orizzonti al pensiero portandolo verso contemplazioni sublimi”. Si può affermare che esso sia anche un dispositivo per la meditazione, capace di introdurci non solo nelle segrete leggi della creazione delle forme, ma anche di illuminarci sulla fondamentale transitorietà della materia, sottoposta a un incessante processo di trasformazione.dispiegando una lente che raggiunge fino a cento metri di diametro.

In perfetto equilibrio tra fascinazione scientifica e suggestione filosofica, l’indagine pittorica dell’artist assolve al difficile compito di comunicare attraverso l’immagine - che è il più comprensibile e universale dei linguaggi – un’idea che apparteneva già alla classicità greca, quella del Cosmos, universo armonico, che scopriamo regolato dai numeri. Ogni oggetto visibile può essere infatti essere ricondotto alla funzione matematica che lo definisce, una realtà astratta che precipita nel mondo delle forme solide. Proprio come le idee quando si tramutano in creazioni.

 

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