LYS, la decostruzione dell'immaginario contemporaneo tra glamour e classicità di Alessandro Riva LYS è artista ma nello stesso tempo è anche un brand. Assumendo infatti, come nome d'arte, la semplicità e la sintesi di unasigla insieme facile da ricordare, ma anche sottilmente seducente, misteriosa e limpida nel suo significato originario (LYS significa "giglio" in francese, e non è peregrino ricordare come il giglio sia ovunque riconosciuto come simbolo di purezza e di innocenza, e come tale fu assunto da diverse religioni, sia politeiste, come quella greca, sia monoteiste, come quella cristiana, che lo associò alla figura della Vergine e del Cristo), l'artista Stefano Lupicano, proveniente dal mondo della moda e del design e oggi riconosciuto come contemporaneo, in grado di mixare suggestioni pittoriche e tecnica digitale, classicità e atmosfere pop, leggerezza e critica della società dei consumi e dello spettacolo, si pone come vero e proprio ibrido all'interno del sistema dell'arte.
È artista, certo, ma è anche una fabbrica di immagininuove, spiazzanti, sorprendenti: la sua carica di novità è nelnon creare fratture eclatanti nella nostra visione, ma nel lasciare che la classicità dei soggetti e le influenze del contemporaneo si compenetrino tra loro, si evochino a vicenda, si sovrappongano senza apparente discontinuità, creando un vero e proprio immaginario visivo nuovo, che assorbe le atmosfere della pittura classicheggiante, sette e ottocentesca (soprattu tto quella di genere orientalista), con i segni, i riferimenti, i loghi e le suggestioni delle molte iconografie del contemporaneo, con particolare attenzione a quelle legate al mondo moda e del glamour. Ecco allora che drappi, tappeti, gonne, abiti, poltrone e arredi di un'epoca che a noi sembra relegata inesorabilmente in un passato remoto, divengono il supporto ideale per i pattem ei disegniche gli stilisti contemporanei più à la page-da Gucci a Dior a Chanel - utilizzano ancora oggi (a loro volta, spesso, riprendendo suggestioni e iconografie classiche, o echi orientaleggianti per mimare l'antico "mal d'Africa" e il fascino dell'esotismo che tanta eco e fortuna ebbero nei secoli passati in Occidente) per le loro creazioni estetiche di oggi. uno dei più originali innovatori del linguaggio artistico
A fare da suggello a questa operazione di felice disorientamento del nostro immaginario collettivo, ecco alle volte comparire, su una borsetta o su un brandello di tessuto, lo stesso "marchio di fabbrica" con cui si identifica l'artista – "Lys" appunto-, in bella e compiaciuta mostra, come fosse il logo di una casa di moda o di uno stilista, quasi a suggerire che, oggi, il confine tra artista, azienda, marchio, slogan o claim pubblicitario è sempre più labile e sfumato: l'importante, come già profetizzato da Andy Warhol oltre mezzo secolo fa, è apparire per i propri 15 minuti di celebrità, e mettere la propria firma su un oggetto o su un'immagine da veicolare e rendere virale, per imporre nuovi modelli estetici da sovrapporre e mescolare a quelli che li hanno preceduti.
Il cortocircuito visivo messo in scena da Lys diviene così una sorta di curioso e giocoso paradosso temporale, nel qualeil passato e il presente si compenetranoe si sovrappongono l'un l'altro senza apparente soluzione di continuità, giocando a rimpiattino con codici estetici di epoche diverse, ma con un'armonia unitaria e una sofisticatezza estetica di fondo che non creano, come spesso è avvenuto per molti decenni nell'estetica contemporanea, strappi, fratture né alcun senso di disagio nel fruitore, ma, al contrario, ammaliano e seducono, utilizzando in questo modo lo stesso linguaggio che si trovano a decostruire, a parodiare e in qualche modo a criticare. La forte carica di critica estetica, sociale e culturale messa in questo modo in atto da Lys verso la società dei consumi e in particolare verso il mondo della moda (esemplificata in questa mostra fin dal titolo, che ci accomuna tutti sotto la medesima definizione di "Fashion Victim"), diviene così una sorta di "critica dolce", dal taglio morbido, aggraziato ed estremamente sofisticato, in grado di pescare nel fondo del nostro immaginario ma andche nella nostra memoria più remota, giocando con la nostra sensibilità di donnee di uomini di oggi, profondamente calati nell'estetica del contemporaneo più avanzato, ma anche con i retaggi, i riferimenti, le suggestioni, i simboli che la storia dell'arte e del costume ci hanno tramandato, a volte anche a nostra insaputa, attraverso secoli di immagini che abbiamo involontariamente immagazzinato nel nostro background culturale inconscio e nella nostra memoria visiva collettiva.
SMART ART, LA STORIA DELL'ARTE OGGI E' FASHION di Paolo Sciortino Henri de Toulouse-Lautrec, Enrico Prampolini e quasi tutti i futuristi hanno sfruttato l'arte per farne pubblicità, all'alba del secolo scorso. Andy Warhol e quasi tutta la Pop Art hanno sfruttato la pubblicità per farne arte. Oggi, Lys, al secolo e al millennio Stefano Lupicano, ha prodotto una sintesi superiore dei fattori per fame Smart Art.
È il brand che si innesta oggi nella storia dell'arte e vi si imprime come un I! clandestino del tempo, ma lasciandovi il segno come se fosse parte originaria dell'opera, quasi restando impercettibile, al primo sguardo, esattamente come un dettaglio che sfugge, ma quando lo si coglie sorprende e attrae. Proprio come deve fare un logo che funziona in un contesto ampio di comunicazione visuale. Non solo i grandi miti dell'arte, oggi, sono smart. Non solo monnalise tatuate dal logo ridente e fuggitivo, e non solo ninfe plebee ingresiane marchiate a stampo nei fondoschiena come pupe nel secchione.
Troviamo anche, nello smart cahier di Lys, giovanette anonime della pittura di genere ottocentesca che recano marchi celebri del consumo fashion contemporaneo, ma seminascosti su pettorine gualcite e parannanze sudicie. Il tutto, si capisce, elaborato in presa diretta con lo smartphone. L'invenzione stupisce, rapisce e persuade come e più di una campagna creativa di posizionamento marketing. Ma, soprattutto, l'opera si rinnova, diventa opera nuova e originale, sovrapposta a un primitivo originale. Ecco la soluzione, il compromesso storico artistico dell'antagonismo-protagonismo maturato nel corso dell’ultimo secolo: tra arte e pubblicità si impone un primato superiore: è la Smart Art, bellezza.